lunedì 13 agosto 2012

Magnetofono viaggiante/18


12 agosto 2012



(Viaggio Alghero - Pisa: Ryanair; Pisa - Pavia; Trenitalia, IC 670)

Il fondoschiena del mio vettore più frequentato

Aeroporto di Fertilia. Arriva il volo Ryanair da Pisa; dopo aver sbarcato gli scombussolati viaggiatori (partiti alle 6.30 dal Galileo Galilei), pilota e co-pilota scivolano fuori dai finestrini, forse dopo aver visto troppe puntate di Hazzard o per mostrare il fascino della divisa non solo a mezzobusto, scivolano fuori dai finestrini laterali e, in equilibrio sulle sacre protuberanze inferiori, iniziano a staccare fogli di Scottex, su cui sputano gentil salivetta e fregano con solerzia i finestrini anteriori. Risparmio di personale, senza dubbio, in tempi di crisi...
Una volta imbarcati, così ci saluta il capitano: "Signore e signori (prima le donne, eh?), buongiorno! Benvenuti sul nostro volo Ryanair. A quanto sembra, ci sono tutti i passeggeri e possiamo anche partire, cosa ne dite?". Era un italiano, inutile specificarlo.

Di Pinocchi, si sa, c'è pieno il mondo...

Gironzolando per Pisa, nelle due ore di attesa del primo treno per Pavia: vù cumprà che cerca di vendermi occhiali da sole tamarri a 5 € e poi propone di scambiarli coi miei Lagerfeld originali-pezzo-unico-vintage; bambino inglese che, avvicinatosi al mega-modellino di Pinocchio e non conoscendo la storia, cerca di segare via la punta del naso con la chiave del B&B; incontro-scontro tra due giapponesi che volevano fare la solita foto reggendo la Torre di Pisa e, avanza tu che vado indietro io, hanno sperimentato il vecchio culo-a-culo, cui segue cortesissima risatina nipponica con scuse che fanno della loro lingua agglutinante qualcosa di troppo agglutinato e quindi inascoltabile; un vecchietto entra alle h. 10 all'Anatolia Kebab chiedendo un gelato (quando la gelateria Umpa Lumpa è a due metri di distanza esatta, ma certo i nomi non aiutano).

MyChef di Pisa mi ha fornito una cotoletta transgenica in pane gommoso
On train. Dopo mezzo viaggio sola, con annessa foto autoscatto in centocinquanta pose diverse fino al completo (forse vano, effimero, irrisorio?) soddisfacimento dell'ego e del super-ego insieme, sale una coppia di donne inglesi. La vecchia e la EL James del UK sfoderano un vassoio imbarazzante colmo di tutti i dolci toscani che si possono trovare a Pisa, tre o quattro esemplari per tipo. Ridendo a chi sbriciola di più (forse tipico humour inglese?), si passano l'una con l'altra pezzi sbocconcellati di buccellato, e l'unico commento che avverto è: "There's no butter, we can exagerate!". Convinte loro...
Who's real?
Sale poi un inquietante uomo vogherese, un Raspelli dimagrito (e dunque incattivito), che occupa buona parte dello spazio davanti alla porta dello scompartimento, con un'inquietante borsa da viaggio o ventiq..., no quarantottore sulle poderose ginocchia tonde; inizia a estrarre con una meticolosità da serial killer libri e atlanti geografici, un evidenziatore per libro e una matita acuminata. Poi fissa noi tre donne con espressione malefica, la punta di grafite rivolta verso di noi; ma rinuncia all'istinto e parte con sottolineatura furiosa, che non gli fa neanche notare che:

a) a Genova sale una giovanissima cinesina dall'aria simpatica ma tonta, che ignora totalmente l'italiano, l'inglese, il francese e ogni lingua diffusa, e solo i gesti la avvertono di desistere dall'impresa donchisciottesca di caricare dal (basso del) suo metro e cinquanta ai 2 metri del supporto la valigia-coffin da 50kg;

b) in corridoio l'addetta delle FS s'incastra rumorosamente con il carrello delle cibarie (?) tra la maniglia della porta e la suddetta valigia;

c) due ragazzi poco pratici di treno aprono il nostro scompartimento, insultano chi ha - avrebbe - rubato il posto, salvo poi accorgersi di essere in un altro vagone e... di un altro treno!

d) arriva un simpatico prete svizzero che, accanto al burbero geografilo, ipotizza per la terza volta le leggi di contaminazione tra il mio accento pavese e il romanesco, investigando per trenta minuti sulla mia presunta permanenza prolungata a Roma, che non può certo essere stata di una sola settimana, oppure ok, deve essere per forza così, sono molto portata per le lingue...

Arrivo a Pavia. Finalmente scendo, liberata dal Raspelli corso giù all'ultimo a Voghera (dopo aver maniacalmente riposto ogni evidenziatore a segnare la pagina di ogni libro; e ogni libro in una diversa tasca della quarantottore); saluto cordialmente con un "goodbye" le inglesi e con un cenno della mano la cinese. Il prete svizzero mi congeda così: "Che il Signore ti benedica". Non so che rispondere, butto lì un "Benedica pure Lei", ricordando solo dopo che in pavese il vecchio "va' a fàt benedì" non è esattamente un augurio. Ma conto sulla mancata globalizzazione dei micro-viaggiatori, e finalmente a casa.

Questione di prospettive. Sempre e comunque.

Nessun commento:

Posta un commento