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lunedì 11 settembre 2017

Magnetofono cittadino/50

COME RIDGE... A VOLTE RITORNO
3 anni di silenzio (colpevole?)

Foto da un coraggioso sito web
con ottima funzionalità digestiva
Sono successe tante cose in questi tre anni, in cui vi avevo lasciato su un treno dove origliavo arrivavano fantasiose boiate. Ma ora - dopo tre traslochi, la conquista di un fidanzato coraggioso, la convivenza con un gatto più furbo di me, l'inizio e la sopravvivenza all'insegnamento, l'inizio e la fine di un lavoro, tante strette di mano e qualche sputo (immaginario, purtroppo) - ci siamo! Perché l'evento è ghiotto e hot, anche se ormai dovete cancellare i bei racconti di avance di gran classe. Ho notato che le avance arrivano ancora, ma c'è qualcosa di patetico come Ridge in queste ultime puntate di Beautiful - che poi, a dirla tutta, sulle mascelle che bucano la pelle non c'è granché da dire, è un chiaro effetto collaterale della slinguazzata con balde giovani con quarant'anni meno di lui e molta più prestanza fisica; ok su quello taccio, quindi, ma sui vestiti...! Ma forse questa foto è stata scattata a Coachella?!
Ecco, allora immaginatemi così: come una Brooke un po' più invecchiata (ma non ingrigita), con uno sguardo ancora più divertito da quel che vedo (c'è pieno di Ridge, che credete?), lo stesso sorriso di prima (una o due carie in più). 

IN VIAGGIO CON L'OSPITE D'ODORE

Lost in PP (Pianura Padana)
Ci siamo. Immaginate una domenica pomeriggio, sul tardi, di fine estate: tempo bigio in Pianura Padana, l'abbronzatura (poca) che inizia a prendere il colore di tendone della nonna lavato con troppo Dash, la polenta e spezzatini della mamma (avete mai notato quanto l'apporto di kcal delle mamme viaggi di pari passo con le previsioni? Ma quest'anno è iniziato ben presto, con 25° buoni...). Mi sono traslata fino alla macchina con la classica andatura sicura di chi ha tacchi tanto alti da fare testamento ad ogni passo (peccato  che io avevo le sneaker e in testamento posso lasciare solo qualche quintale di libri e un gatto, e il Magnetofono, ovvio). 

Insomma, in qualche modo salgo sulla macchina, lasciata volutamente con i finestrini abbassati per prendere aria e ritemprarsi dopo i bagni di afa padana, saluto che neanche Kate e parto.
Sono persa in una cantatina a squarciagola di Tiziano Ferro, strumento che tiene a distanza le altre macchine come neanche il cruise control più sofisticato sa fare, penso alle buche che sulla statale impegnerebbero anche Hamilton, quando l'occhio cade sul finestrino semichiuso, lato guida. Una macchietta scura ha invaso il mio campo visivo, una macchietta che si muove e sembra risalire il vetro, impavida e imprudente, ma la superficie è scivolosa, provo a dire alla macchietta di stare lì ferma immobile, di non fare un passo oltre, e invece... tac, la macchietta cade rovinosamente e dal rumore incazzato si rivela per quello che è: un cimice! (Lo so, forse dovrei dire la cimice, femminile, ma mia nonna diceva sempre che "il cimice" è noioso come i maschi quando hanno fame, da lì scusate ma mi trovo d'accordo e per me la cimice è maschio).

giovedì 9 gennaio 2014

Magnetofono cittadino/ 46


Fuori 1... (self-made)
Mettiamola così: se l'anno nuovo dovesse promettere tutto quello che regala nei suoi primi giorni, ci sarebbero molti più suicidi. O molti più matrimoni, per poi andare a finire in altrettanti suicidi. Suicidi, insomma. Ti puoi dire benissimo "resisterò", "non farò quello che fanno tutti a Capodanno", ma alla fine cadrai anche tu (= io ma non lo dico a cuor leggero) negli oroscopi dell'anno, a incrociare il tuo segno e l'ascendente con quelli di un lui/lei (metto prima la mia preferenza, scusate) e vedere se qualche congiuntura astrale potrà mai favorire un'altra ben più soddisfacente congiuntura... 

Bene, quest'anno mi aspetto tanto, un po' perché ho fatto un trasloco difficile (facilissimo il trasloco, ma il problema è sempre che quello che stava tanto bene in una casa, non ci azzecca un fico secco nell'altra, per non parlare del resto, insomma), ho una beatitudine di pareti che non capisce che questi mesi pre-discussione di dottorato sono necessariamente vuoti (pieni della tesi, s'intende) e non mancano di ripetere quanto sono disoccupata, disoccupata, e rincarano: "Ma com'è che non ti sei sposata, a Sassari?"... Insomma, la risposta "sono diventata ermafrodita" non soddisfa nessuno, e un piccolo risarcimento o uno sconto del 50% sulla prossima tassa sull'aria respirata, immagino anche di essermelo meritato.

martedì 3 dicembre 2013

Magnetofono cittadino/45

Il mio quartiere ha senso dell'umorismo #Carbonazzi
"Noi donne sappiamo fare tutto": è una delle frasi che ho sentito ripetere in continuazione negli ultimi anni. Io non lo dico, perché mi sembra di ricadere in un pregiudizio al contrario, ma devo dire che faccio, faccio... Insomma, poi sul come lo faccio, dipende... Ci sono alcune cose che non farei mai, come andare dal meccanico, cambiare lampadine, scacciare ragni e altri insetti dalla casa, rovesciare i materassi (da sola, eh). Oggi ho finalmente semi-risolto una questione che mi preoccupava, uno di quei pensieri fissi che mi perseguitava prima di andare a dormire (sì, è un periodo senza grandi preoccupazioni): non una spada di Damocle, ma quattro bei pneumatici invernali che saranno il mio lasciapassare autostradale per rientrare in pianura dalla Sardegna tra un po'. 
Insomma, immaginatevi squattrinati, con un trasloco da fare dopo tre anni di saldi e libri accumulati, con una Clio del 1999 che non si trasformerà in una borsa di Mary Poppins (prima lo accetto e prima mi muovo a cercare i prezzi degli spedizionieri). Senza sommare quei pensieri nostalgici che presto diventeranno magnetofoni... Insomma, queste erano le premesse.

E oggi, agguerrita, truccata e ben sistemata, mi sono lanciata nell'impresa dei preventivi, con in mente le raccomandazioni di papà:
Ricordati, segna il tipo di pneumatico che hai già [...seguono indicazioni tecniche che ho già scordato su specifiche, ecc.] e poi vai bella sicura, eh? Con la stessa sicurezza di quando stai davanti a un libro, o ti fottono. 
Ricordi de 2009 - più a mio agio così
Cinismo? No, direi senso pratico. Scelgo un bel rossetto riflettente che trasformi le mie labbra in pseudo-pneumatici rosa acceso e scendo. A piedi. Perché? Perché ci sono almeno 10
/12 gradi, un sole da paura e sento che è meglio presentarsi a piedi, con la modestia della ragazza che ha bisogno di un consiglio. Giro un paio di posti senza segni particolari (tra cui il gommista  che vincerà il mio appalto, ma è un gommista noioso e non ne parlo). Poi arrivo al mitico (che non sceglierò perché costa  troppo - mi ha fatto divertire ma...). Si tratta di un grosso gommista che sta qui sulla circonvallazione, come se fosse una concessionaria gigantesca, bianca e anche pulita, qui e là rigata di gomma nera. Come entro, ci sono quattro gommisti alle prese con SUV elefanteschi e stanno ridacchiando. Non so di cosa, ma come mi vedono si zittiscono, uno si pulisce le mani sul suo sedere, approfittando per una auto-palpatina di controllo (c'è tutto, signore); l'altro va avanti non guardandomi; il terzo si finge al telefono e il quarto, il migliore, balza in quattro e quattr'otto verso il bancone degli attrezzi, si arrampica e gira il calendario di Playboy. Ma dietro alla gattina di dicembre c'è una vamp rossa di novembre, e allora abbatte il calendario sotto uno straccio sporco di grasso.

Poi scende, sospira e torna da me:
"Buongiorno, signorina. Le darei la mano, ma siamo qui dalle 8 a toccare gomme e non vorrei sporcarla. Oddio, meglio gomme che altro...".
Non pareva allusivo. E poi siamo sicuri che sarebbe davvero meglio? Forse per me e non per lui? Mah. Nel dubbio, abbozzo un sorrisino appena appena e gli spiego le mie esigenze con quel tono deciso da auto-marketing che mi ha raccomandato mio papà. E questo:
"Ho gomme per tutte le esigenze. Venga a vedere. O ha paura?".
"Scusi, e di che?" faccio io.
Lui fa un cenno verso il magazzino più scuro, lì dietro: 
"Sa, ci sono solo pile di gomme. Non so come si comportano le donne, gli uomini si esaltano, ma non vorrei che lei pensa (sic) che io la porto (sic) di là per...".
"... per vendermi un treno di gomme?" faccio io, per fermare il viscidone.
"No, no, quello ci sta, ma sa, ci scusi tutti, non siamo abituati a vedere donne da sole qui. Non se ne occupano loro". 
"Non si preoccupi. Se non è un problema, vorrei vedere le gomme e scegliere".
"Ma non ha un amico da mandare? Un vicino, un fidanzato, un marito?" e alza il sopracciglio.
"Cartelli di zona off-limits, non ne vedo" faccio io, ormai inquietata (non era mattina eh...). 
"No, ci manca. E' per lei, è un lavoro pericoloso, poi ci siamo noi uomini che si sa non siamo molto fini e manca addirittura un bagno per le donne".
"Grazie, ma sono qui da 5 minuti. Non ho problemi di incontinenza. Mi dà un po' di prezzi di listino?" cerco di mantenermi calma.
I prezzi sono alti. Poi mi fa un occhiolino e mi dice: 
"Potremmo comunque venirci incontro, perché Lei è una ragazza coraggiosa, è venuta fin qui da sola e questo va apprezzato. Oh, Robè, che prezzo possiamo fare alla signorina?" grida.
"Non lo so. Siamo noi a doverla pagare per averci portato un bel pensiero qui". 

Un "grazie" appena appena, e via. La mano, non gliel'ho data - ovvio! - e anzi mi sono stupita dei miei riflessi nello scappare da tanto... unto testosterone. 

{il vincitore dell'appalto è... il gommista più vicino a casa! Legge di Murphy, cvd, ma come avrei fatto altrimenti ad avere un magnetofono!?}

mercoledì 2 ottobre 2013

Magnetofono cittadino/42

Anche il cielo si rannuvola, dopo certe scoperte
#Sassari

Ci sono magnetofoni che nascono in giornate storte, ma così storte, che se non la prendi sul ridere probabilmente ti trasformeresti in Hannibal Lecter. Oggi torno a casa dall'università, penso di mangiare (finalmente) e mi trovo la casa invasa da quei simpatici cilindretti di gommina colorata che coprono i fili di rame elettrici. Caro elettricista, ci siamo già salutati (anzi, alla sassarese: già ci siamo salutati), e non c'è bisogno che mi lasci messaggi d'amore curvando a forma di cuore i resti del tuo lavoro, o che mi regali nuovi bastoncini per giocare a shangai (si torcono che è un piacere), o che mi mostri tutti i colori primari per ricordarmeli in questo periodo di basso fosforo (leggi: dottorato alla fine). Li guardo, attorno una vernice messa giù sulla mia tovaglia verde preferita (sic) che sembra un quadro puntinista; allora provo a scuoterla sui fiori del simpatico fumatore incallito e incazzoso del piano di sotto (prima o poi dovrò "magnetofonarlo"), ma i puntini restano lì: belli bianchi, niente da fare. Mentre il mio umore giocava a ping pong più delle uova sode sparate nel padellino, meditavo sul fatto di essere a casa mia, eppure di avere così tanti coinquilini in questo periodo.

Studio vie di fuga...
Avevamo iniziato con i muratori, gli splendidi. Beh, con loro non si scherza, perché per trovare un contatto, mi hanno chiesto - a me, che ho lottato per non avere il debito in matematica il primo anno di liceo! - di calcolare (e come?) l'angolo in cui dovevano piegare il trapano con punta da 45 per arrivare in un buchino della presa di corrente. Allora, già dirlo è difficile, figuratevi a farlo! La punta doveva entrare alla cieca da un muro all'altro, obliquamente, senza sfiorare stipiti, citofoni ecc. ecc. Risultato? Per farla breve, i futuri inquilini dell'altra metà appartamento, quando sono venuti a firmare il contratto, mi hanno avvistata attraverso il muro mentre mangiavo caffellatte e cereali, con un pigiama della Biagiotti dei tempi anti crisi. Ecco, uno di quei pigiami che dovrebbero vedere in pochi e ben selezionati. Lei si è presentata così, per modo di dire; lui ha avventurato la mano nella frattura del muro per stringermi la mano. #iniziamobene

Ma il bello è stato questo pomeriggio, al ritorno dell'elettricista. Lo adoravo già. Mentre lui e il mio padrone di casa trafficavano per separare gli alberi elettrici (uno gridando "ajò, guarda lì o là" e l'altro "ssssssh, che sta studiando", ma gridava più forte ancora), parte una chiamata. Rispondo: un collega. Cinque minuti dopo, parte un urlo via l'altro, e non capisco se tra loro o se con qualcun'altro:
"Buffoneeee!" - "Buffone tu, maiale!" - "Guarda, non si vuol visto..." - "Andassi a Alcatrazzo pure tu?".
Come riaggancio, un po' timorosa della scena che avrei trovato. Nulla di preoccupante: il mio padrone e l'elettricista hanno preso a voci il vicino del piano di sotto dal balcone, perché avevano iniziato una PACATA conversazione su Berlusconi (indovinate chi pro e chi contro? Per la privacy non posso aggiungere niente).

LA  CHICCA  ARRIVA  SEMPRE  DOPO
Eh... Ma dovevo capire che Alcatrazzo faceva rima con qualcos'altro... A lavori terminati (per ora, temo), il mio padrone di casa, visibilmente alterato dal logorroico elettricista (che si fa pagare anche per i minuti di battute), gli ordina, con un tono imperativo da "mio signore del male": "Ajò, ti sposti e mi fai scopare?". Le battute si sono sprecate, ma soprattutto l'elettricista ha deciso di darci una lezione di etimologia erotica - che riporto fedelmente {le interazioni sono del mio padrone di casa}:


- Allora, ma lo sapete perché si dice "scopare" anche in quel senso là?
[a parte teatrale del mio padrone di casa: lo sapevo che non lo devo portare qua - alzando gli occhi al cielo]
- Si dice perché (oh, l'ho sentito in radio, eh, quindi è vero) bisogna tornare ai tempi delle streghe. Verso il 1700, per in tenderci, ai tempi della guerra dei Cent'anni, no? Allora, lì c'erano queste streghe...
- E le bruciavano...
No, vi prego, non toccatemi il DIDò
- Ma no, fammi parlare. Le streghe di solito non avevano mariti, perché erano streghe, no? E allora per fare le cose loro c'era chi faceva gli intrugli, e c'era chi si arrangiava... Con cosa? Usavano le scope, no, i bastoni delle scope... Adesso ci sono i ... come si dice... i didò, no? Si dice così? [ammiccando al mio padrone di casa]
- Ah, non lo so, io sono per le vecchie maniere: se è la sera che va bene, bene; altrimenti, pazienza.
- Ma no, non hai capito! Insomma si arrangiavano, per l'autoerotismo con i bastoni delle scope! Poi non ho capito però perché non si dice "bastonare" anziché "scopare"...
- Sarà perché bastonare si fa solo in piedi; e scopare... abbbboh!
- Naaaaaaaa.... bastoni anche a letto se capita...
Silenzio.
- Ma le bruciavano per quello?
- Si vede...

Voi capite che io dovevo starmene zitta, zittissima, per non interrompere questi collegamenti sinaptici pericolosissimi?! Per fortuna, l'elettricista non ha fatto la stessa cosa con i fili di rame, visto che il salvavita non è scattato e non ho ancora la messa in piega di una cagnetta barboncina. Che poi, ora che ci penso, farò meglio a non parlare di cagnetta, prima che mi brucino...

mercoledì 11 settembre 2013

Magnetofono cittadino/41

Sorriso ancora ignaro #duomo, controra
 2 settembre 2013, Milano-Pavia.
Ma poi, soprattutto Pavia Stazione - Pavia Montebolone, linea 3, h. 16.40 su per giù

Ho aspettato a pubblicare questo magnetofono, perché questa storia ha dell'incredibile (e poi perché ho una reputazione ---> anche se non ho colpa, potrei lasciarmi andare a un lessico non tanto consono...). Alla fine i pochi che hanno saputo, hanno riso per qualche minuto, quindi... mi sono detta: fregatene.

Insomma, qui si parlerà di una proposta oscena... o di una proposta o scena.
All'inizio volevo intitolare il post "Galeotto Coe"... Ma poi ho pensato che non avevo voglia di querele per uso/abuso, soprattutto visto l'argomento... Invece, così, vi dico che sto ascoltando Please, don't let me be misunderstood e vi consiglio di mettere anche voi questo successone per la prossima lettura.
Io, Coe, la bavina da autografo, il book degli autografi

Autobus cittadino. Salgo dopo aver sperimentato i soliti incontri del quarto tipo con i pinguini sull'unico vagone Trenitalia con aria condizionata e l'arsura sahariana in metro a Milano. Con me sale questo trentenne di bella presenza, giacca-cravatta-sogno erotico (scusate, per me sono un tutt'uno), ventiquattrore (proprio ventiquattro? non ne avresti una per un aperitivo?) e sembra attirato quanto me da un bel discorsetto che avviano due over-70 sedute di fianco a noi, che restiamo appesi ai soliti tubi da lap-dance dei poveri.

PARENTESI AMENA CHE AMMOSCIA (ho detto che è il racconto di una proposta oscena, mica un racconto osceno! Per quello chiama il... mmm....facciamo un'altra volta [dopo la fine della borsa di studio]).
Vecchietta 1: Guardi che roba, neh, ha visto? Quanti ragazzi con le valigie... E c'è chi si lamenta, ma cosa possono fare? Non le possono mettere in testa...
Vecchietta 2: Eh, cara la mia signora XXXX [scusate, copro per privacy, temo le borsettate], ha ragione. Ma cosa faranno poi, al 2 di settembre? Tutti in vacanza?
V1: Ma no, sono qui per recuperare i debiti di scuola [nota a margine: età media dei ragazzi valigiati: 25 anni... Hai visto mai, qualche affezionato al 4?!]
V2: Che io non capisco mica, cosa sperano di fare, non studiano per nove mesi, e poi arrivano qui...
V1: Dipende, mia nipote, per esempio, è bravissima, tutti 8 e 9, tranne in matematica. E la sua insegnante era così dispiaciuta...

Ok, può bastare per capire che era facile intrecciare gli sguardi, sorridersi e dare la colpa di tutto alle vecchie omnisapienti e che giocano a jo-jo con le figuracce. Invece, WCH (Working Class Hero, lo chiamo così per ammosciarmi un po' anche io) si avvicina per far posto ad altri loschi figuri valigiati, e si fa sempre più vicino. Di fermata in fermata, inizio ad apprezzare le vicinanze moleste, le invasioni di bolle prossemiche e anche la città vista dai finestrini sporchi ha un suo romanticismo. A un certo punto, WCH è alle mie spalle, e mantiene quei cm (di distanza!) utili per non farsi prendere a borsettate da me e dalle vecchie. Poi arriviamo in Viale Montegrappa, la sua fermata e appena prima che si fermi il bus, si avvicina al mio orecchio (io non me ne accorgo, tanto ero ipnotizzata dal via vai di alberi e intontita dalle sagge passeggere), e sussurra, con tono deciso, da uomo che non deve chiedere mai ........ coprite le orecchie ai bambini se leggete ad alta voce, o gli occhi a quelli più o meno alfabetizzati (tranquilli, tra qualche anno disimpareranno).... insomma, mi dice: "Se hai bisogno di cazzo, sono qui".
Jude Law (dal web, magari l'avessi fotografato io)
... e se tutte le leggi fossero così, mi farei studiosa
perfino dei cavilli...
Giuro, così, su due piedi. Io sussulto, credo di aver capito male e intanto il bus frena, lui inizia a scendere con un sorriso come Jude Law alla fine di Alfie (solo il sorriso, per il resto è un aitante moraccione), e mi guarda di sottecchi, ora sì ora no, con quell'intermittenza che dà il tempo di guardarlo da tutti i lati possibili. "Scherzi?" faccio io, la saliva a mezzaria, non riuscivo a deglutire, o forse era solo un primordiale segno di apprezzamento. E lui, sempre con quel sorriso che "smutanda" (cito dal lessico familiare di casa, mamma docet, la parola, intendo), risponde "No", ma sulla forma a O vogliosissima che assumono le sue labbra da pubblicità di creme contro le afte, le porte si richiudono, e il bus riparte. Lo guardo camminare con le mani nelle tasche, il completo chiaro stropicciato appena, per la serie: un sorriso per stirartelo, due per stropicciartelo meglio...
Resto appesa al tubo da lapdance, che mai m'è parso tanto nero e triste, e anche i discorsi delle anziane adoratrici della Dea Scuola sono pallidi, al contrario delle mie guance. Poi arrivo al capolinea, scendo dalla mia amica Ro, e parto subito a chiederle: "Hai un estintore?" - "Cosa è successo?", fa lei. - "Devo spegnere i bollenti spiriti". Di WCH o miei, chissà. Ho una reputazione da difendere, in fondo. Molto in fondo.

Tutto vero, giurin giurella. Presto però il magnetofono del rientro in Sardegna di ieri.

sabato 27 luglio 2013

Magnetofono cittadino/36

Solo per veri eroi. Astenersi pavidi.
LIDL, ore 18 di un afosissimo sabato.

Tante sono le sfighe per stare a casa al sabato quando sei in Sardegna e fuori ci sono 40° minimo:

  • devo consegnare un pezzo immane di tesi di dottorato lunedì;
  • (e domani voglio andare al mare);
  • ho finito l'acqua a casa;
  • internet fa schifo;
  • la macchina non ha il condizionatore;
  • passo il tempo ad aprire e chiudere i vetri delle portefinestre sperando in uno spiffero;
  • non ho nessun macho partenopeo che, a lamentarmi, mi porta un Nestea. 
Insomma, mi faccio coraggio e sfido il quasi tramonto (che proprio non ne vuol sapere) ed emigro alla Lidl. Qualcosa mi sconvolge da subito: il SILENZIO. Non è che i clienti siano così pochi, è che vagano come spettri appesi ai loro carrelli, aprendo per bene tutti i pori per far entrare anche nell'ultimo milionesimo di bronchiolo un po' di aria condizionata (appestata, secondo me, dalle tante calorie dei famosi biscotti al cioccolato americani, che un tempo mangiavo a suon di mezzo pacchetto... vabbè, belle storie, qualche dieta fa). 
Insomma, sono lì che sollevo con potenza le mie casse d'acqua, quando un addetto allarmato mi chiama e indica il cartone vuoto che avevo nel carrello, rimasuglio di una spesa precedente e altrui: 
"Signorina! Non starà comprando quegli yogurt? Oh, no, vedo che è solo il cartone... - lo guardo stupita, chiedendomi se avessero trovato ingredienti radioattivi - perché da lunedì sono in sconto e li paga 14 centesimi l'uno!". 
Incredula, ringrazio, e il commesso mi stringe la mano ripetendomi "piacere piacere" e aggiungendo un "se posso servirla in qualche modo", che mi riporta ai tempi dell'anteguerra, tempo della sua scuola elementare, a occhio e croce. Per tanta gentilezza e tanto masochismo commerciale, non riesco neanche a fare doppi sensi sull'offertona. 

Occhiali da sole in casa. Ecco, la fine è vicina.
Insomma, mi sposo poco più in là, dove la Lidl ha iniziato una svendita di un sacco di articoli che durante l'anno non sono stati afferrati, sprimacciati, indossati, riportati indietro (con incazzosi scontrini che gridano al difettoso). Un enorme espositore è per stivali, stivali di pelo. Quelli che vedete qui sopra, per intenderci. 
Guardo divertita, chiedendomi chi diavolo compri qualcosa del genere a fine luglio. Bene, la risposta arriva subito, con un particolare a cui non avevo pensato: prima di comprarle, le cose si misurano. La coppia, sui 45 anni circa, è la mamma+papà che esce di casa mentre i ragazzini chissà dove sono, e per un po' di tranquillità si fa la spesa alla Lidl (e mangia più biscotti americani di me, a ben guardare). Visto che la Lidl non è un calzaturificio e non sono previsti comodi pouf dove appoggiare il fondoschiena biscottoso, la signora inizia a chiamare il marito con sonori schiaffi sulla protuberanza anteriore (la pancia, guagliò, non altro, siamo alla Lidl, non in un film di zozzo anni '60!) e gli grida imperativa:
"Ajò, Gavino, prendimi per un braccio, che li provo".
Il tono non ammette repliche: l'uomo la sostiene per un prosciut... braccio, e la donna parte con la sua guerra con uno stivale troppo stretto, che con tutto quel pelo dentro di pecorume non salirebbe mai oltre la caviglia. Ma la coraggiosa avventrice non si scoraggia, sbanfa e annaspa, arrossandosi tutte le guance, e inizia a tirare con tutte le sue forze, mentre il marito cerca di issare l'ancora... Ah, no, insomma, si protende dal lato opposto per verificare la legge fisica del moto uguale e contrario o qualcosa di simile (ero una capra, lo so, lo ammetto). Quando stavo per perdere le speranze e chiamare il 118, la mia eroina infila uno stivale! Improvvisamente, tutta la fatica svanisce: si issa sulla sua schiena, appoggia le mani sui lombi e si pavoneggia davanti al suo uomo. No, non è un documentario di Quark. Semplicemente, gli domanda:
"Gavi', come sto?". 
Lui non fa in tempo a dire parola, che lei abbassa lo sguardo e, come se quello stivale si fosse trasformato in men che non si dica, spalanca gli occhi e disgustata:
"Ma è rosa! Ti pare che io andrò [sic] in giro con uno stivale rosa?".
Non ho potuto resistere ad aspettare l'operazione di smontaggio.





martedì 23 luglio 2013

Magnetofono cittadino/35

Illusione: non perdere tempo

Il mondo è bello perché è (s)vario(nato)


Come non amare la Conad? h. 13 
Coda epocale, massaie che mi travolgono con i loro carrelli pieni (di offerte), e tamburellano nervosamente con le dita sul loro carrello (mai sentita la sinfonia disfonica dei supermercati?). Ho fatto la "spesa al volo", come dice il mio scontrino, che sarebbe un modo perfetto per non perdere tempo e sentirsi un po' batman quando si punta il telecomando sul codice a barre e si ottiene la lucina verde [non ho ancora capito perché sui sacchetti delle mele non funziona - mica è criptonite, e io mica Superman]. 

Insomma, sono in coda e quando è il mio - sudato - turno, appoggio tutto sul nastro trasportatore. Non faccio in tempo a risistemare il pane carasau che stava scappando con tutte le sue belle calorie dalla mia borsa, che la commessa mi arraffa letteralmente una mano e commenta:
- Oh, ma questo bello smalto verde è di quelli semi permanenti? 
#Stintino _ destinazione paradiso
Io, un po' incredula, scuoto la testa. Lei, incurante degli sguardi di tutti gli altri clienti, probabilmente disposti a lanciare una botte di acetone sulle nostre mani pur di farci smettere, prosegue:
- Perché io ho messo questo - e sventola le dita con un fuxia imbarazzante - è semi permanente, costa un bè e si vede già la ricrescita. Guarda, si vede? E da qui? - allontana la mano - e da qui? - la mette sotto la cassa, ridendo. 
Ho ringraziato tutti i santi noti e i beati prossimi venturi perché probabilmente c'era abbastanza zucchero nei caffè mattutini di tutti i presenti... 

On the way back home
Quale scusa ritenete più opportuna per infilarmi in un negozio di vendita e manutenzione di registratori di cassa? Me lo sono chiesta tutto il viaggio di ritorno, dopo aver notato il commesso a dir poco splendido sulla porta. Ho pensato di inciampare brutalmente sotto il peso degli acquisti Conad, e magari cadere dritta contro la vetrina, per accertarmi di non sprecare l'occasione, ma è una scusa usurata. Ho pensato di entrare dicendo "i miei conti, non tornano mai" e sperare in un aiuto dal cielo. O di fingermi interessata all'acquisto di un registratore di cassa per tenere il conto delle tasse condominiali, o pervertita per adorare il "ding" di quando si apre la cassa... Nessuna delle motivazioni mi ha convinta, vi dirò, e alla fine ho proseguito il mio km sotto il sole. Eppure, visto che devo tornare alla Conad almeno una volta a settimana e passo davanti al negozio... (si accettano consigli, magari senza conseguenti ricoveri alla neuro).

Fare benzina al Self non è nazional popolare
Non sta né in cielo né in terra (#Portoferro)
La stessa sera dovevo andare all'aeroporto di a Fertilia a prendere la mia adoratissima cuginetta. Come nella migliore delle storie, macchina striata da uccelli armati di notevole mira e un intero erbario sotto i tergi. Insomma, per farla breve, parto in ritardo e in riserva. Mi fermo al solito benzinaio di via Carlo Felice (perché non so come ma, se la benzina è oro puro, da lui costa come l'argento) e incappo in una macchinata di giganti spagnoli. Due metri per uno, a occhio e croce. Aspetto che si impossessino del pistolone e, dopo un breve e sconsolante confronto con la natura, si mettano a riempire la macchina. Invece?!??! Toccano tutti i tasti, senza farsi venire in mente di andare a pagare alla macchinetta.
Cordialmente, glielo spiego in inglese, e questi annuiscono, mi raccontano che sono in vacanza e che sono arrivati a Sassari per una gita. Una gita controcorrente, questo è certo. Intanto il mio ritardo si moltiplica, secondo su secondo, e anche la mia macchina post-striatura scalpita con tutti i suoi 52 cavalli - ronzini, vabbè. Il primo hidalgo continua ad aggirarsi e a scambiarsi messaggi sconsolanti con gli altri tre passeggeri: soldi? Dove? Ma gli euro si usano in Sardegna? Le carte di credito? Rispondo rassicurante, finché, allo spuntare delle terribili 21.30, perdo ogni ritegno, smetto di guardare la mia minigonna e preparo a mettere sotto le scarpe il mio orgoglio femminile per un po' di rispetto verso la puntualità (maschile) che è in me. 
Insomma, loro strabuzzano gli occhi e si consultano dall'alto dei loro 8 metri (2m x 4pirla). Che gli ho chiesto? 
- Datemi i soldi e faccio tutto io.
No, non realizzerò i loro sogni erotici con una pavese esportata, ma semplicemente infilerò con tutta la decisione dell'esperienza quella gran pistolona nella loro macchina e la rifornirò finché sarà piena. Di benzina, s'intende. 




domenica 26 agosto 2012

Magnetofono cittadino/22

Dal Nelsen piatti sbirciare coordinate di fuga
(Sant'Angelo Lodigiano, Iper-Famila, domenica mattina, h. 11)

Al supermercato, la domenica mattina, non si va a fare la spesa. Ben inteso: i carrelli si riempiono a colma perché fa allegria (in questo periodo di crisi non si riempiono di Moët  ma di carta igienica, tanto si fugge ugualmente l'horror vacui del medio consumista). I carrelli si riempiono, ma si va soprattutto a cercare la conversazione, che ci siano conoscenti o no. l supermercato ha oggi quella funzione d'aggregazione e di sfilata (e di gossip?) che aveva un tempo la chiesa di paese. Anche gli odiatissimi compaesani lì meritano un sorriso e un "cosa cucini di buono oggi?", perché tanto, spariti dal settore surgelati e passati agli affettati, si possono subito lasciare commentini acidi del tipo: "Cucina topi morti, non senti che odore da casa sua, a passare di là? E quel suo povero figlio Giorgio, sfido io che va male a scuola!". Sono i momenti in cui le mogli sussurrano di più all'orecchio dei mariti, e dubito  che siano promesse sconce per il post-arrosto domenicale.

Ma il vero problema, è che per qualcuno la domenica mattina è l'unico giorno settimanale per fare la spesa, e se ne frega della permanente della sciura balénga, sia della borsettina firmata da esporre almeno una volta per suscitare l'invidia di tutte le tardone presenti che litigheranno presto coi mariti, ma litigheranno per sussurri all'orecchio, trasformando così i settori del supermercato in un continuo sussurro misto-occhiate al veleno da spionaggio nostrano.

E allora, come sopravvivere ai perdigiorno, ai parlottatori da bar ormai trasmigrati (perché in fondo, con la crisi, con 3,29 € di Lavazza quanti caffè fai? E poi hai anche un po' di aria condizionata gratis, ché al bar non sempre c'è...), alle mannequin mancate sulle loro passerelle di tappetini del bagno in offerta? Risposta comprovata da anni di tentativi: non si sopravvive. Non resta che fare la coda e aprire bene le orecchie...

In coda alla cassa
Sogni di fuga, a pochi km
Marito e moglie borghesucci incontrano una conoscente dall'aria sfatta, in pantaloni a tre quarti stirati probabilmente lo scorso inverno:
Moglie di Marito&Moglie: "Oh, sapessi, Annabella [!], ci siamo presi uno spavento... Lui sentiva male a quest'occhio, no?, e alla fine era una congiuntivite, allora l'ho portato al pronto soccorso, e ci hanno fatto aspettare tipo tre ore, perché lui non era un codice rosso... Ma dovevi vedere che colore aveva l'occhio, era rosso, rosso eccome...".
NonStirata: "Forse c'erano casi più gravi, sapete, gli incidenti...".
Moglie: "E insomma, ce l'hanno operato. Povero marito mio, operato. Ormai sono passate due settimane, e hanno fatto un bel lavoro, eh? Non ha neanche avuto bisogno della fischioterapia".
(casi così fanno pensare che la sanità dovrebbe smettere di essere pubblica).

Dal tabaccaio:
Io: "Vorrei una ricarica Vodafone da 15€...".
Tabaccaio: "Ma no, prendila da 5, e il moroso ti chiama lui. Bisogna farsi desiderare dagli uomini!".
Io, fingendo di non sentire: "Va bene da 15, grazie".
Tabaccaio, chiamando la sua tardonissima madre: "Mà, vero o no che è non bisogna chiamare troppo gli uomini?".
La madre, ottant'anni per ottanta chili: "Un menga... Con le mezze seghe di oggi, se non li chiami tu per dargliela, non ti rispondono neanche se gli fai te la ricarica".
Saggezza popolare.
(E comunque ho comprato la ricarica da 15 €...)

Sollievo finale. Ogni curva porta a una svolta.