Visualizzazione post con etichetta Magnetofono istruito. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Magnetofono istruito. Mostra tutti i post

giovedì 10 ottobre 2013

Magnetofono istruito/43

#Pascale, salvami tu!
Per la serie: cose che non vorresti MAI sentire quando sei in un corridoio di facoltà umanistica. Come tutti i magnetofoni istruiti, rideranno soprattutto quelli che condividono la triste sorte di amare la letteratura, e di studiarla pure (vade retro!). Presto prometto un magnetofono hard sassarese e un magnetofono figlio della Conad (!).


Stavo aspettando il mio turno con quel piacevolissimo effetto "graticola" che tanti studenti universitari avranno provato, e che probabilmente continuerò a provare anche quando sarò vecchia, decrepita, pensionata - ah, no, scusate, era un'utopia (quale? capitelo voi), ma mi capiterà di incontrare un docente universitario. Una ragazza che sembrava condividere la mia stessa ansia parte a parlare, ignora il caro Antonio Pascale che stavo cercando di leggere, fresco fresco di cellophane, e parte con discorsi sconnessi. Decido di fare una domanda che mi sarà fatale: "Su cosa ti laurei?".
Ora, per fare il magnetofono bel bello, dovrei spiattellare qui tutto quanto, ma permettetemi di tenere alta la privacy, evitare che mi sputi in faccia qualora risulti riconoscibile (ecc. ecc.). E, anche se si riduce il divertimento, copro il nome dell'autore e lo stato di avanzamento della tesi [lascio speranza, insomma]. Il discorso-delirio è il seguente:

"Sto facendo la tesi su PincoPallo [nome d'arte, certamente]: ho iniziato a studiare la vita, perché la vita è umbè [= un sacco] interessante, e voglio cercarla nelle sue opere di quando era giovane. Le mie amiche mi hanno detto "PincoPallo? Iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii [il corridoio risuonava dell'eco del mitico gridolino sassarese], ma che sei pazza?", ma io penso di no, eh, che se uno guarderebbe [sic e sigh] la biografia con calma, si accorge che la vita di PincoPallo è lo specchio di come scrive. Senza la malattia della sua infanzia, non avrebbe scritto così, e io penso che questo va detto. Perché voglio insegnare ai ragazzi di oggi [ma chi leggerà mai la tua tesi? PS - i tuoi relatori sono over 10, lo confermo. E soprattutto, chi sei tu per insegnare a gente che ha qualche anno meno di te?] che la malattia può far cambiare. E poi tutti lo attaccano, mischino [= poverino], non capiscono che lui è così perché è stato malato. Ma io lo voglio proprio riabilitare, perché non è giusto...".

E chi legge più Pascale? Mi sono messa a contare il numero delle piastrelle, ed erano bianche, ma bianche bianche... E poi ho guardato il muro, e al muro c'erano appese foto di Maestri defunti, e m'è sembrato che scuotessero il capo, e che anche PincoPallo scuotesse il capo, da lassù o laggiù (relativismo). Poi sono scesa a prendermi un caffè, ho sbagliato e ho schiacciato il tasto per una liquidissima cioccolata, l'ho bevuta e mi sono scottata. E quando è arrivato il mio turno ho guardato per bene la stanza, per controllare che davanti a una simile moralista di oggi, paladina delle cause perse e degli approcci metodologici insensati, impressionistici e da oscena scuola storica deteriore, insomma che davanti a lei tutti i grandi non si fossero staccati dalle copertine dei Meridiani per andarsene. E sbattere la porta, certo. Perché a lei neanche Pascale darebbe un'attenuante.

domenica 4 agosto 2013

Magnetofono istruito/37

bene bravo metti NO

Credo che ognuno, interrogando, abbia le sue strategie per accorgersi se la persona che ha davanti è agitata per carattere e ansia da prestazione, o se le fiamme dietro il deretano hanno iniziato a riardere per le troppe birre davanti alla partita di Champions, a libri chiusi.
A me piace chiedere su che manuale hanno studiato. Una stupidata, direte: invece, quando hai la possibilità di preparare a occhio e croce sette secoli di letteratura italiana, un manuale o l'altro ha il suo peso (ad esempio, io per portarmi in Sardegna manuali "di appoggio", ho riempito un trolley, a discapito di rimmel e scarpe in più!).
Insomma, la domanda, di per sé stupidina, viene fatta dopo il solito avvio burocratico di dati, numero di matricola, numero di scarpe ecc. Il problema? Le risposte. Raccolgo qui sotto le migliori.

Il peso della #cultura non è niente
vicino al peso della #stiratura

Premessa -(necesse est):
l'esame è del primo anno, teoricamente, ma non ho praticamente quasi mai visto matricoline. A volte, vista la mole (almeno quella che lamentano) resta l'ultimo esame [e credo che qualcuno degli avi di questi si sia messo a tavolino per strategie militari nelle più grandi disfatte della storia]. Quindi, le risposte che sentirete non sono di bimbetti. Ah, e sono chiaramente precedute da tutta la sintomatologia amorosa che descriveva Saffo e riprendeva Catullo: insomma, manca la voce, la lingua si impantana, un gran fuoco divampa e il rossore conseguente, mentre le orecchie rimbombano. Non sono gli effetti di un concerto dei Manowar dalla prima fila, ma i semplici sintomi del "non so, non c'ero e se c'ero dormivo".


Quale manuale di riferimento ha adottato?

  • Quello con la copertina rossa e bianca! 
Carissimo, puoi attendere con occhi speranzosi e baldi finché vuoi la mia illuminante risposta al quesito, ma non vado forte con le bandiere. Figuriamoci con le copertine di libri che cambiano a ogni ristampa?! 

  • Un manuale che avevo al liceo. - ok, quale? - ehm...
Questo è ancora peggio. Hai avuto quel manuale per cinque anni, e va bene, lì posso anche capire che avessi in mente l'intervallo e la campanella, ma la tua insegnante? Come lo chiamava? Un minimo di fosforo?! Quante briciole di taralli ci hai sparso sopra a ogni intervallo? 

  • Quello che ho trovato in biblioteca / in libreria.
Uno scaffale intero di antologie è quantomeno imponente nella biblioteca. Mi chiedo cosa ti abbia fatto scegliere proprio QUEL libro, dal momento che è improbabile che tu abbia consultato TUTTE le antologie bibliotecarie... Ah forse ti ha attirato la copertina (vd. 1)? 
  • Ne avevo uno in casa... - Quale? Non era un po' superato? - Tanto, Dante e Petrarca sono sempre quelli.
Giuro, l'ha detto. E non ho voglia di aggiungere altro. A furia di bere per dimenticare, mi dovranno dare in dotazione una fiaschetta e un san bernardo. Mi basta anche la prima, visti i tagli del Ministero... 

La rocca tarp... No, Capocaccia dalla spiaggia di Mugoni

sabato 13 luglio 2013

Magnetofono istruito/34

La via di fuga è lì. Preeeego, si accomodi...

Il 9 luglio, in un momento di garbata estasi e temporanea pace con l'universo, sulla mia pagina di Facebook ho scritto questo status:
C'è ancora speranza: interrogare due studenti bravissimi che alla domanda "cosa volete fare dopo?" mi rispondono con gli occhi brillanti che vogliono insegnare a scuola ‪#‎anticrisi‬
Non avevo fumato, né mi ero drogata, se non con le polveri pesanti (appesantite dal sudore acre e virile) dei muratori che hanno portato un po' della loro maschilità davanti alla finestra della nostra aula (ma il risultato, per intenderci, non era questo). Insomma, la premessa per dirvi che quel che leggerete - che ha dell'incredibile, okay - è però per fortuna calmierato da qualche appassionato, diligentissimo, apprezzabile, studioso studente (e la forma etimologica non è mica fatta a caso). Il problema è sempre quello: che a parlare dei bravi, non si fa ridere.
Per rispetto della privacy (= per la salute dei miei pneumatici, dei miei zigomi e del mio naso già storto di natura), non farò nomi, né specificherò alcun dettaglio che possa riportare alla sessione di esami o al soggetto. Non si facciano quindi pensieri del tipo: uellà, questa li sputtana pubblicamente!, perché in realtà i signori si sputtanano pubblicamente a ogni appello, davanti ai colleghi, a me e soprattutto (ben più importante), a loro stessi. Ho finito la tirata, ho svuotato le tasche, e ben mi sta l'aforisma-calembour di Longanesi che ho messo qui sotto.

Da "Parliamo con l'elefante" di L. Longanesi

Passerà alla storia
Io: "Bene, parliamo della metrica nella Commedia dantesca. Introduca l'argomento come preferisce, e poi vediamo...".
Aitante signorina dal piglio polemico grillino: "Per metrica bisogna contare il numero di subordinate..." e una serie di altre 'monnezze che mi hanno fatto pensare che non sapesse cosa fosse la metrica e, ben più grave, un dubbio mi colse. Vuolsi così colà:
Io (sentendomi scema): "Ma, scusi, stiamo parlando di prosa o poesia?"
Lei (con piglio sempre più polemico): "Di prosa!!".
Io (gelida e sconsolata): "Prosa?! Stiamo parlando dell'opera più nota al mondo, dopo la Bibbia e il Corano...".
Lei (alzandosi): "Eh, con tutto quello che c'è in programma, non si può studiare tutto. Pretendo di parlare con il professore!".
Vi lascio immaginare la tragicomica fine di tutto ciò. Dante avrebbe approvato. Per la punizione, io avrei scelto un contrappasso degno.

Il colorito esegeta (Dante, il ritorno)
Io, sollecitando a un'analisi di Tanto gentile e tanto onesta pare prima del calo di zuccheri: "Questo 'pare' cosa significa? 'Sembra' o 'si mostra in tutta la sua evidenza?'".
Lui (non sollevando gli occhi dal testo [non c'erano note, ho controllato], come se potesse aprirsi un link di spiegazione: "La seconda".
Io (temendo che lo avesse azzeccato per lectio difficilior): "Bene, perché?".
Lui (prorompendo con tutta la vitalità che aveva probabilmente sommato in una vita e mezzo): "Perché Beatrice non è una *bagassa".
*il termine si può spiegare più o meno così per Wikipedia. Ma la risposta corretta sta nella Nonciclopedia.
Povera Beatrice, RIP.

Il contestatore (D'Annunzio vs. Leopardi)
Lui, dopo aver chiesto l'analisi stilistica e retorica di La pioggia nel pineto: "Non mi aspettavo domande di questo tipo".
Io (non avendo ancora intuito il tipo): "E' a un esame di letteratura italiana, cosa si aspettava?"
Lui: "Eh, di usare un po' di più la testa. Non queste domande qui, che poi i ragazzi stanno lì, si annoiano, appoggiano la testa sulla mano e sono tutti tristi [mimando il gesto]".
Io: "Pensi, invece si dà il caso che l'analisi testuale, a me, diverta moltissimo".
Lui: "E' questione di gusti".
Io: "Lo chieda a Contini, Mengaldo, Baldacci... E quel che è più importante: per quanto mi riguarda, non è tenuto a divertirsi, dando un esame".
Lui: "E' che pensavo di usare un po' di più la testa...".
Io (scocciandomi parecchio ma mostrando il sorriso migliore): "Ad esempio? Parta pure dal suo divertente e stimolante approccio. Poi avremo tutto il tempo di arrivare alla stilistica".
Lui: "Ad esempio, pensavo di accostare D'Annunzio a Leopardi".
Io (trattengo un sobbalzo): "In cosa?".
Lui: "C'è la natura sia qui che lì".
Io: "E quindi? Come li accosterebbe? Così facendo può andare a ripescare anche Lucrezio o l'Arcadia, non crede?".
Lui: "Per contrasto. Leopardi ha la natura matrigna".
Io: "E D'Annunzio?"
Lui: "D'Annunzio, problemi non ne aveva".
Cacciato all'istante, penserete. No, avevo voglia di divertirmi con la sua stessa arma: far usare la testa. Segue mezz'ora di interrogazione senza requie fino al ritiro spontaneo. E di stilistica, credetemi, non c'è stato bisogno di dire una parola.

Blaterando sulla priorità della lettura dei testi e sul rispetto dei loro autori, che troppo spesso sono stuprati da giovani aspiranti esegeti, me ne sono andata a farmi una seconda colazione. In realtà, avrei dovuto scacciare l'ansia da prestazione con un'ottimo ansiolitico e un'ottima prestazione.

L'ansiolitico (immagine dal web)
La prestazione (immagine dal web)





domenica 23 settembre 2012

Magnetofono istruito/26

Sono io, non è la mia comparsa
Meditare la fuga
Avete mai provato la sensazione inebriante di organizzare un congresso? Bene, vi assicuro che bisogna armarsi di tanta pazienza, volontà, misericordia e tutte le altre qualità (cristiane e non) che potreste infilare in un libro didascalico post-tridentino. Ma, a parte questo, se avete un po' di cinismo, collezionerete una serie di esperienze irripetibili, prima e dopo, con cui controbilancerete gli incontri frustranti con chi non capisce che siete dottorandi di ricerca, ma vi tratta come l'ultimo barista nei peggiori bar di Caracas. 
Vediamo cosa posso dire... [premessa: visto quanto è accaduto di recente tra Carofiglio e Ostuni, temendo le possibili requisitorie degli italianisti, dichiaro fin da ora che ogni nome è del tutto casuale. Non si dica lo stesso dei fatti o, quel che è peggio, delle parole o dei pensieri, ma almeno in questi vorrei conservare un po' di sana libertà].
Mettetevi comodi. 

LA SAGA DELLE PUBBLICHE RELAZIONI
Il dramma parte da come si scrive a una segreteria organizzativa:
#PortoFerro. Quel che rasserena
  • "Gentile Segreteria, [...] La saluto caramente" ---> modello di Segreteria antropomorfa post-dannunziana. 
  • "La presente è per... [...] firma" ---> modello Walker-Texas-Ranger. Non saluto perché io non devo niente a nessuno... 
  • "[...] ho già scritto per sapere se c'è un videoproiettore. E' molto importante per me avere un videoproiettore o dovrei fare fotocopie a colori" ---> il dramma di chi prende 5.000 € al mese è fare 30 fotocopie a colori: ricordiamocelo, Zio Paperone ha salvato così la numero 1
  • "Sono vegetariana e vorrei sapere se posso partecipare ugualmente alla cena sociale" ---> partecipare è un diritto; visto che la cena si svolgerà in un agriturismo in cui il pezzo forte è il porcetto al latte, vedi tu se la tua quota di 35 € è ben riposta.
  • "Non riesco a trovare un aereo per arrivare in Sardegna. Mi può consigliare vie alternative?" ---> mio /a caro/a, esiste Skyscanner, grazie a Dio!, ma sono in una giornata d'espiazione per un peccatuccio non proprio veniale [sic] e dunque ti cerco tutte le possibili soluzioni dalla tua università, salvo poi ricevere la seguente risposta: "La ringrazio, ma non sono a (nome dell'università);  in realtà io vivo a XYZ e non ho la patente per raggiungere un aeroporto. Ha altre idee?". A parte segnarti, raccomandarti a tutti gli dei e fare l'autostop, non credo che dal tuo paese di XYZ (sito in alta montagna) partano traghetti...
  • "Soffro di problemi di ritenzione idrica. Vorrei sapere se in Sardegna vendono un'acqua in bottiglia consigliata e se ne posso trovare una cassa in hotel". ---> 1- sei una donna, benvenuta nel mondo della cellulite (tanto per chiamare le cose col loro nome); 2- siamo in Sardegna, non in Ruanda; 3- non sapevo che avessimo per ospite Madonna. 
  • "Porterò una chiavetta USB con un pdf da proiettare. Vorrei sapere se il vostro videoproiettore ha l'ingresso USB o devo procurarmi una riduzione internazionale". ---> Cosa?
Ma il meglio riguarda le love stories, di cui tanti mi avevano parlato. So la solita storia che tanti professori universitari, poco inclini alla monogamia, insaccano la loro sacra fede nuziale in tasca, ma ho sempre pensato che fosse per proteggerla dai rischi del metal detector, o perlomeno, per evitare in una giornata di sole, di accecare il relatore con il riflesso di cotanto oro... Bene, quando prenoti stanze, sappi che dovrai fare come le famose scimmiette di Rousseau, o almeno come NonVedo e NonParlo. Per NonSento, senti pure, ridi tra te e renditi conto di quanto l'età non c'entri nulla con gli intrighi amorosi o scop... Scoperte passionali... 

TELEFONATA #1: (dopo 10 giorni a chiamare un numero e a trovare sempre la segreteria telefonica)
Io: Scusi Professoressa, vorrei segnalarle che al (tal orario) non ci sono voli previsti su Alghero. Sia noi che il nostro autista siamo preoccupati, non vorremmo che perdesse il volo...
Prof.1: No, è che... Io sono già in Sardegna da alcuni giorni... Mi servirebbe solo un passaggio dall'aeroporto, perché sono ad Alghero...
Io: Se vuole, le mandiamo l'autista in città.
Prof.1: No, no, arrivo io in aeroporto, perché sarò lì circa a quell'ora per accompagnare a prendere l'aereo il mio... come dire?, compagno. 
Io (capendo che non è il caso di infierire): Va bene, non ci sono problemi.
Prof.1 (sentendosi in dovere? o per spirito femminile): Oddio, che poi, chiamarlo compagno è un po' eccessivo... Diciamo che parte, poi forse non lo rivedo neanche più!

In breve, tanto per non spettegolare, ho ricevuto le seguenti richieste misteriose:
La #quiete dopo la #tempesta
  • prenotazione di una camera sullo stesso piano di X ma su un piano diverso di Y, meglio ancora se X sta dietro l'angolo di un corridoio (buio?);
  • prenotazione a metà corridoio sullo stesso piano di Z e J, meglio ancora se equidistante;
  • prenotazione di una singola per la moglie e una singola per il marito, per non farci fare poi problemi per il pagamento della doppia. Faccio presente che, nel caso, non è un problema, perché basta saldare la differenza e ci sarebbe anche un certo risparmio. Dal silenzio, capisco che è meglio non insistere;
  • prenotazione solo a SS, perché poi a AHO ospite di un caro amico del collegio, con commento "sa, al collegio non si poteva far nulla. Ora possiamo anche uscire fino a tardi" (lo dico sempre, io, che le cazzate è meglio farle a 18 anni...)
Per evitare di essere licenziata mi fermo qui e non racconto le giornate di congresso. Vi basti sapere che avrei materiale per scrivere un libro intero, e quando mi sono rigirata felice tra le onde di PortoFerro, a chiusura di tutto, ho pensato che, al di là del lavoro, ci sono giornate amaramente divertenti. Quasi un peccato dover poi fare le persone serie (vd. foto iniziale).


mercoledì 5 settembre 2012

Magnetofono istruito/25

Quite ready to go


Sassari, Facoltà di Scienze (via Vienna)
04 settembre 2012, h. 9.30


Buongiorno (?) dal balcone
Dopo una notte passata ad aspettare mamme col biberon in mano e quattro ragazzi con la chitarra e un pianoforte sulla spalla (ma che tranquillante aveva usato Venditti?), tocca prepararsi, anche se la mattinata sassarese si annuncia lievemente velata di nubi. L'obiettivo strategico è chiaro: trucco e parrucco rapido, macchina e raggiungere il check point della Facoltà di Scienze, controllare che abbiano registrato il mio nome come Gloria (meditare un picchettaggio furioso se Giorgia o Ghigni, bomba subito se entrambi gli errori in una volta), e finalmente fare questo test di piazzamento d'inglese, per decidere se seguirò un corso di perfezionamento e un corso con capre a seguito, o nessuno dei due perché dopo l'idoneità ci sarà una poderosa corsa agli armam... No, all'iscrizione a numero chiuso...

Non sembrerebbe difficile, no? Eppure:
- ricordo di non avere ancora lavato i denti e con un unico colpo da maestra (sic!) sporco di dentifricio camicia e pantaloni; 
- decido per un look perditempo più complesso da preparare, un misto di maestrina dalla penna rossa, Sex&TheCity e Milano in trasferta;
- scopro che la siccità ha non solo seccato le spugnette dei tergi (utilissimi con la pioggia a caduta rapida e ripida sul parabrezza), ma le ha addirittura tagliuzzate alla julienne (che poi, ditemi un po', ma chi cavolo è 'sta Julienne?); dunque freno, accosto, tiro fuori dal portabagagli Glassex e Asciugatutto e inizio a pulire il parabrezza abbandonato per un mese quasi sotto un albero cinque stelle lusso, a guardare la grossa utenza ingorda che ha lerciato tutto;
- arranco con la testa fuori dal finestrino fino a via Vienna, ricordandomi solo dopo di non aver segnato il numero civico della facoltà, poi penso "Una sede come scienze si vedrà, no?";
- lascio la macchina dal meccanico per cambiare le spugnette e due lampadine che, chissà come mai, hanno smesso di strizzarmi l'occhio e inizio a girovagare;
- giro con sguardo di amara sorpresa attorno a un quartiere gigantesco di grandi strutture, decido di fermarmi e scopro che in poche centinaia di metri ci sono: Veterinaria, Chimica, Fisica, Veterinaria sperimentale (così mi dice uno specializzando con un pastore tedesco al guinzaglio più grosso di me, cui dice: "No, stai tranquillo, è solo una che si è persa", e spero non sia un cane da riporto...); 
- finalmente arranco sotto la pioggia nel cortile di Scienze, mi registro soddisfatta (il nome era giusto!) e inizio ad accusare con un po' di piacere masochistico la tachicardia da esame, che comporta i seguenti passi falsi:
  • controllo isterico dell'ora, da sincronizzarsi tra orologio, cellulare e iPhone (dimenticando che non dovrei sincronizzarli con loro, ma con gli orologi dei docenti che, chissà come mai, seguono sempre un fusorario speciale);
  • chiamata rapida alla mia famiglia (per assicurarmi che mi vorranno bene comunque o per sincerarmi di essere ancora in un mondo reale quando si parla di nonne rampanti, problemi di geometria o del rincaro della benzina...);
  • controllo a tutto il look con successivo ripensamento, pentimento e successivo "ma 'fanculo, va'";
  • foto per il Magnetofono (una cosa buona almeno!);
  • controllo dei miei futuri compagni d'esame... 
E qui viene il bello... Prendo posto un po' indietro, ma non per voler copiare (che senso avrebbe?, mi ripeto), ma solo per la famigerata ansia da prima fila. Intanto, continuo la lettura di una bozza di libro in inglese, per restare in tema, e mi lascio tanto avvincere da tornare alla Seconda Guerra Mondiale, ai servizi segreti e a una sospirata uccisione dello stronzo di turno che mi fa quasi saltellare sul sedile dalla felicità.

Poi arriva lei, a sedersi affianco a me. Capelli perfettamente curly, freschi di parrucchiera stantia, un set di penne da fare invidia a tutta la Bic insieme, matita con temperamatita a forma di coccinella (cancelleria superstiziosa, si può fare agli esami), due paia d'occhiali e tre antistress. Insomma, questa donna è come un aereo: ha tutto ridondante. Per la familiarità al Ryanair, mi tranquillizzo. Almeno finché non inizia a chiedermi:
  • se sono brava, perché certo, una che ha la borsa di Harrods non vuol dire che è stata in UK ed è stata presa da un attacco di conformismo globalizzato, ma sicuramente che è quasi madrelingua (?!);
  • insiste su cosa ho studiato, cosa faccio adesso e come mai proprio questo esame;
  • si offende un po' per le mie risposte evasive, ma fingo di non prestare attenzione a quanto stringe spudoratamente gli antistress (uno per mano e il terzo è sparito... Non voglio sapere in quale luogo inquietante);
  • mi racconta tutto il suo iter scolastico e l'avventura grama che l'ha portata lo scorso anno ad essere selezionata ma a non essersi iscritta in tempo. "Adesso", commenta soffrendo, "va a finire che non so più niente e non mi prendono neanche... E dire che avevo passato l'A2!". Penso a un'autostrada italiana, poi ricordo l'assurda nomenclatura dei livelli di inglese e mi rassereno: non ha ancora pensato a una forma originale di suicidio.
Intanto, la docente spiega come avviene l'esame, le 55 domande tra multiple choice e il completamento finale, tutte in ordine di complessità, fino all'eccellenza, e rimarca che "non serve a niente copiare, danneggereste voi stessi. A noi serve sapere non tanto quello che sapete ma quello che NON sapete". Mi lascio sfuggire un: "Esatto, chi copierebbe poi? Siamo tutti adulti", ma la mia vicina non sembra pensarla come me: "Copiare magari no, ma un confronto delle risposte... o qualche consiglio...". Capisco di avere vicino una ex-A2 decisa a marciare verso il podio (o almeno è lì che mi pensa, w Harrods, che dà competenze linguistiche babeliche) con il vecchio trucco del "guarda là cosa c'è" seguito da copiatura spasmodica di tutto l'answer sheet. Ed è lì che mi impunto e decido che difenderò l'intimità del mio answer sheet con tutta me stessa, a costo di macchiare di inchiostro la camicia rosina (seconda camicia cambiata in una mattina!).

45 minuti. Al 30esimo consegno, sconvolta dai tentativi biechi di copiatura a cui ho assistito (tre anni in 200):
Si occhieggia sui fogli del compagno con queste strategie:
- "Scusa, avresti un fazzoletto?"
- "Oh... Oh... Eh?" sguardo ammiccante dopo ripasso vocalico da un foglio all'altro, come a proporre un gemellaggio;
- "Se mi dai il foglio, dopo ti porto dove vuoi" (un po' equivoca e quasi da stalker);
- sguardo di panico dall'altra parte della stanza, sperando che il vicino faccia altrettanto e si distragga dal collo-giraffesco proiettato sul foglio;
- "Sai che in America hanno provato che i compiti fatti in equipe vengono meglio?" (un genio!);
- "Hai l'aria intelligente. Io non troppo. Controlliamo?". 

Fuggo disperata all'aria aperta, sollevata dalla fine dell'esame e con un "Va', è uscito anche il sole" in tasca. Mi sento più leggera, fumo una sigaretta immaginaria di felicità mentre chiamo un attimo a casa e invece scopro che:
  • mi hanno chiamato 2 volte dall'università (anche se sapevano che sarei stata fuori)
  • la macchina non era ancora pronta, ma l'ultima telefonata mi invitava (con tono convincente) a correre lì appena possibile
  • mi tocca iniziare a percorrere i 4,5 km che mi separano dall'ateneo con passi lunghi e ben distesi, soffrendo per la camicina rosa che rischia di tramutarsi in un porpora poco signorile a furia di corricchiare, alla bella giornata che mi aspetta (con rientro dopo le 20) e a quella cavolo di parola che ho inserito poco furbamente e che mi trivella la testa... 
La camicia rosina, vittima della situazione.
Io speriamo che me la cavo.