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martedì 3 dicembre 2013

Magnetofono cittadino/45

Il mio quartiere ha senso dell'umorismo #Carbonazzi
"Noi donne sappiamo fare tutto": è una delle frasi che ho sentito ripetere in continuazione negli ultimi anni. Io non lo dico, perché mi sembra di ricadere in un pregiudizio al contrario, ma devo dire che faccio, faccio... Insomma, poi sul come lo faccio, dipende... Ci sono alcune cose che non farei mai, come andare dal meccanico, cambiare lampadine, scacciare ragni e altri insetti dalla casa, rovesciare i materassi (da sola, eh). Oggi ho finalmente semi-risolto una questione che mi preoccupava, uno di quei pensieri fissi che mi perseguitava prima di andare a dormire (sì, è un periodo senza grandi preoccupazioni): non una spada di Damocle, ma quattro bei pneumatici invernali che saranno il mio lasciapassare autostradale per rientrare in pianura dalla Sardegna tra un po'. 
Insomma, immaginatevi squattrinati, con un trasloco da fare dopo tre anni di saldi e libri accumulati, con una Clio del 1999 che non si trasformerà in una borsa di Mary Poppins (prima lo accetto e prima mi muovo a cercare i prezzi degli spedizionieri). Senza sommare quei pensieri nostalgici che presto diventeranno magnetofoni... Insomma, queste erano le premesse.

E oggi, agguerrita, truccata e ben sistemata, mi sono lanciata nell'impresa dei preventivi, con in mente le raccomandazioni di papà:
Ricordati, segna il tipo di pneumatico che hai già [...seguono indicazioni tecniche che ho già scordato su specifiche, ecc.] e poi vai bella sicura, eh? Con la stessa sicurezza di quando stai davanti a un libro, o ti fottono. 
Ricordi de 2009 - più a mio agio così
Cinismo? No, direi senso pratico. Scelgo un bel rossetto riflettente che trasformi le mie labbra in pseudo-pneumatici rosa acceso e scendo. A piedi. Perché? Perché ci sono almeno 10
/12 gradi, un sole da paura e sento che è meglio presentarsi a piedi, con la modestia della ragazza che ha bisogno di un consiglio. Giro un paio di posti senza segni particolari (tra cui il gommista  che vincerà il mio appalto, ma è un gommista noioso e non ne parlo). Poi arrivo al mitico (che non sceglierò perché costa  troppo - mi ha fatto divertire ma...). Si tratta di un grosso gommista che sta qui sulla circonvallazione, come se fosse una concessionaria gigantesca, bianca e anche pulita, qui e là rigata di gomma nera. Come entro, ci sono quattro gommisti alle prese con SUV elefanteschi e stanno ridacchiando. Non so di cosa, ma come mi vedono si zittiscono, uno si pulisce le mani sul suo sedere, approfittando per una auto-palpatina di controllo (c'è tutto, signore); l'altro va avanti non guardandomi; il terzo si finge al telefono e il quarto, il migliore, balza in quattro e quattr'otto verso il bancone degli attrezzi, si arrampica e gira il calendario di Playboy. Ma dietro alla gattina di dicembre c'è una vamp rossa di novembre, e allora abbatte il calendario sotto uno straccio sporco di grasso.

Poi scende, sospira e torna da me:
"Buongiorno, signorina. Le darei la mano, ma siamo qui dalle 8 a toccare gomme e non vorrei sporcarla. Oddio, meglio gomme che altro...".
Non pareva allusivo. E poi siamo sicuri che sarebbe davvero meglio? Forse per me e non per lui? Mah. Nel dubbio, abbozzo un sorrisino appena appena e gli spiego le mie esigenze con quel tono deciso da auto-marketing che mi ha raccomandato mio papà. E questo:
"Ho gomme per tutte le esigenze. Venga a vedere. O ha paura?".
"Scusi, e di che?" faccio io.
Lui fa un cenno verso il magazzino più scuro, lì dietro: 
"Sa, ci sono solo pile di gomme. Non so come si comportano le donne, gli uomini si esaltano, ma non vorrei che lei pensa (sic) che io la porto (sic) di là per...".
"... per vendermi un treno di gomme?" faccio io, per fermare il viscidone.
"No, no, quello ci sta, ma sa, ci scusi tutti, non siamo abituati a vedere donne da sole qui. Non se ne occupano loro". 
"Non si preoccupi. Se non è un problema, vorrei vedere le gomme e scegliere".
"Ma non ha un amico da mandare? Un vicino, un fidanzato, un marito?" e alza il sopracciglio.
"Cartelli di zona off-limits, non ne vedo" faccio io, ormai inquietata (non era mattina eh...). 
"No, ci manca. E' per lei, è un lavoro pericoloso, poi ci siamo noi uomini che si sa non siamo molto fini e manca addirittura un bagno per le donne".
"Grazie, ma sono qui da 5 minuti. Non ho problemi di incontinenza. Mi dà un po' di prezzi di listino?" cerco di mantenermi calma.
I prezzi sono alti. Poi mi fa un occhiolino e mi dice: 
"Potremmo comunque venirci incontro, perché Lei è una ragazza coraggiosa, è venuta fin qui da sola e questo va apprezzato. Oh, Robè, che prezzo possiamo fare alla signorina?" grida.
"Non lo so. Siamo noi a doverla pagare per averci portato un bel pensiero qui". 

Un "grazie" appena appena, e via. La mano, non gliel'ho data - ovvio! - e anzi mi sono stupita dei miei riflessi nello scappare da tanto... unto testosterone. 

{il vincitore dell'appalto è... il gommista più vicino a casa! Legge di Murphy, cvd, ma come avrei fatto altrimenti ad avere un magnetofono!?}

lunedì 26 agosto 2013

Magnetofono amicale/40

Delirio quotidiano

Mi hanno insegnato a ringraziare sempre per i regali. Anche per quelli orrendi, doppi, inutili, indesiderati, non riciclabili. Quando impari queste cose prima ancora di camminare, è difficile poi riprendersi. Perché l'istinto è sempre quello di dire grazie, sorridere e ripetere il solito rassicurante teatrino. Di solito funziona, anche per magliette fluo di taglie abnormi o completi intimi da mignottina (perché sono due taglie in meno...). Anche se mi viene da chiedermi: ma queste persone mi amano?, sorrido e anche le otturazioni degli ultimi sorridono, perché alla fine mi hanno sempre insegnato a trovare giustificazioni e vedere ovunque la buona fede (lo so, era un Heidi II).
Su una cosa proprio non riesco a sprecare sorrisi, perché mi scatta il baffo destro e trema incredulo: i libri. Io vi prego, se non avete consultato la lista dei desideri di Amazon o non avete chiesto alla sottoscritta (vale anche se mi avete vista sbavare su una copertina in libreria), vi prego, vi prego vi prego, evitate di regalarmi libri. Perché il rischio è alto: è come se a un meccanico regalassero le  chiavi comprate alla Lidl, o se a un pasticciere comprassero la crema pronta Cameo. 
Perché i rischi sono altissimi, e non sapete come reagirò: più di una volta mi è capitato di dire "grazie, avevo bisogno di rilassarmi con una cagata pazzesca!", e non è cortese. Anche se va detto che una "cagata pazzesca" ha le sue peculiari proprietà di relax...
E poi sono una donna, donnissima nell'appassionarsi alla vista di vestiti, borse, scarpe (un po' di meno), gioielli, viaggi... Insomma, non mi pare di fare la difficile?!

Ho la faccia di chi vuole un libro?
Ho pensato - visto che per qualche giorno non viaggerò - di raccontarvi qualche episodio di libro regalato alla sottoscritta, soprattutto perché le motivazioni del regalo sono le cose più divertenti (o urticanti). Pronti? Via!!!

Un mio ex mi aveva regalato una sconosciutissima raccolta di massime di un altrettanto sconosciuto pensatore indiano, che aveva su per giù un titolo zen dall'impressionante ricerca di sé stessi ecc. ecc. Motivazione?
"L'ho letto anche io, e magari servirà anche a te per scoprire il percorso più nascosto della tua vita e trovare il coraggio per viaggi lontano".
Tenendo presente che il Pavia-Milano è stato il massimo del suo coraggioso viaggio di vita, ho pensato bene di portare il libro al Libraccio, ma non prima di essermi fatta togliere il malocchio.

Sempre un mio ex, molto incuriosito dal fatto che io leggessi le Cinquanta sfumature con l'obiettivo (coraggioso, questo sì), di trovarci una ratio, mi ha chiesto se poteva regalarmi i libri successivi. No. Motivo?
"Ma esistono davvero donne così? Se ne leggi ancora un po', ci sta che lo diventi pure tu".
Io dico: ma la notte, con chi dormi? Mistero.

Ringrazio sempre per i classici, anche i doppioni: li rivendo benissimo. E poi, per chi non lo sapesse, sono una collezionista di prime edizioni novecentesche. Da un lato, lo so, è quel che mi consente il mio portafoglio mezzo vuoto (c'è una nota di pessimismo, lo so già), ma dall'altro è il secolo che studio, bla bla. Con questo, non vuol dire che ogni singolo volume tirato fuori da un baule muffo di una trisavola Cunegonda mi provochi felicità orgasmiche. Quindi, nel dubbio, evitate.

Concludendo, potete regalarmi guide pratiche (come hanno fatto le amiche, alla mia partenza per le lande desolate della vita indipendente con un "100 ricette facili e veloci per chi non ha mai cucinato") e turistiche (anche qualche Kamasutra applicato?), meglio se con annesso biglietto di andata e ritorno [o al massimo di andata]. Per il resto, per piacere, regalatemi un vestito, un gioiello, una bottiglia di vino, un cin-cin, un sorriso.  Sorriso di risposta assicurato.





sabato 27 luglio 2013

Magnetofono cittadino/36

Solo per veri eroi. Astenersi pavidi.
LIDL, ore 18 di un afosissimo sabato.

Tante sono le sfighe per stare a casa al sabato quando sei in Sardegna e fuori ci sono 40° minimo:

  • devo consegnare un pezzo immane di tesi di dottorato lunedì;
  • (e domani voglio andare al mare);
  • ho finito l'acqua a casa;
  • internet fa schifo;
  • la macchina non ha il condizionatore;
  • passo il tempo ad aprire e chiudere i vetri delle portefinestre sperando in uno spiffero;
  • non ho nessun macho partenopeo che, a lamentarmi, mi porta un Nestea. 
Insomma, mi faccio coraggio e sfido il quasi tramonto (che proprio non ne vuol sapere) ed emigro alla Lidl. Qualcosa mi sconvolge da subito: il SILENZIO. Non è che i clienti siano così pochi, è che vagano come spettri appesi ai loro carrelli, aprendo per bene tutti i pori per far entrare anche nell'ultimo milionesimo di bronchiolo un po' di aria condizionata (appestata, secondo me, dalle tante calorie dei famosi biscotti al cioccolato americani, che un tempo mangiavo a suon di mezzo pacchetto... vabbè, belle storie, qualche dieta fa). 
Insomma, sono lì che sollevo con potenza le mie casse d'acqua, quando un addetto allarmato mi chiama e indica il cartone vuoto che avevo nel carrello, rimasuglio di una spesa precedente e altrui: 
"Signorina! Non starà comprando quegli yogurt? Oh, no, vedo che è solo il cartone... - lo guardo stupita, chiedendomi se avessero trovato ingredienti radioattivi - perché da lunedì sono in sconto e li paga 14 centesimi l'uno!". 
Incredula, ringrazio, e il commesso mi stringe la mano ripetendomi "piacere piacere" e aggiungendo un "se posso servirla in qualche modo", che mi riporta ai tempi dell'anteguerra, tempo della sua scuola elementare, a occhio e croce. Per tanta gentilezza e tanto masochismo commerciale, non riesco neanche a fare doppi sensi sull'offertona. 

Occhiali da sole in casa. Ecco, la fine è vicina.
Insomma, mi sposo poco più in là, dove la Lidl ha iniziato una svendita di un sacco di articoli che durante l'anno non sono stati afferrati, sprimacciati, indossati, riportati indietro (con incazzosi scontrini che gridano al difettoso). Un enorme espositore è per stivali, stivali di pelo. Quelli che vedete qui sopra, per intenderci. 
Guardo divertita, chiedendomi chi diavolo compri qualcosa del genere a fine luglio. Bene, la risposta arriva subito, con un particolare a cui non avevo pensato: prima di comprarle, le cose si misurano. La coppia, sui 45 anni circa, è la mamma+papà che esce di casa mentre i ragazzini chissà dove sono, e per un po' di tranquillità si fa la spesa alla Lidl (e mangia più biscotti americani di me, a ben guardare). Visto che la Lidl non è un calzaturificio e non sono previsti comodi pouf dove appoggiare il fondoschiena biscottoso, la signora inizia a chiamare il marito con sonori schiaffi sulla protuberanza anteriore (la pancia, guagliò, non altro, siamo alla Lidl, non in un film di zozzo anni '60!) e gli grida imperativa:
"Ajò, Gavino, prendimi per un braccio, che li provo".
Il tono non ammette repliche: l'uomo la sostiene per un prosciut... braccio, e la donna parte con la sua guerra con uno stivale troppo stretto, che con tutto quel pelo dentro di pecorume non salirebbe mai oltre la caviglia. Ma la coraggiosa avventrice non si scoraggia, sbanfa e annaspa, arrossandosi tutte le guance, e inizia a tirare con tutte le sue forze, mentre il marito cerca di issare l'ancora... Ah, no, insomma, si protende dal lato opposto per verificare la legge fisica del moto uguale e contrario o qualcosa di simile (ero una capra, lo so, lo ammetto). Quando stavo per perdere le speranze e chiamare il 118, la mia eroina infila uno stivale! Improvvisamente, tutta la fatica svanisce: si issa sulla sua schiena, appoggia le mani sui lombi e si pavoneggia davanti al suo uomo. No, non è un documentario di Quark. Semplicemente, gli domanda:
"Gavi', come sto?". 
Lui non fa in tempo a dire parola, che lei abbassa lo sguardo e, come se quello stivale si fosse trasformato in men che non si dica, spalanca gli occhi e disgustata:
"Ma è rosa! Ti pare che io andrò [sic] in giro con uno stivale rosa?".
Non ho potuto resistere ad aspettare l'operazione di smontaggio.





martedì 23 luglio 2013

Magnetofono cittadino/35

Illusione: non perdere tempo

Il mondo è bello perché è (s)vario(nato)


Come non amare la Conad? h. 13 
Coda epocale, massaie che mi travolgono con i loro carrelli pieni (di offerte), e tamburellano nervosamente con le dita sul loro carrello (mai sentita la sinfonia disfonica dei supermercati?). Ho fatto la "spesa al volo", come dice il mio scontrino, che sarebbe un modo perfetto per non perdere tempo e sentirsi un po' batman quando si punta il telecomando sul codice a barre e si ottiene la lucina verde [non ho ancora capito perché sui sacchetti delle mele non funziona - mica è criptonite, e io mica Superman]. 

Insomma, sono in coda e quando è il mio - sudato - turno, appoggio tutto sul nastro trasportatore. Non faccio in tempo a risistemare il pane carasau che stava scappando con tutte le sue belle calorie dalla mia borsa, che la commessa mi arraffa letteralmente una mano e commenta:
- Oh, ma questo bello smalto verde è di quelli semi permanenti? 
#Stintino _ destinazione paradiso
Io, un po' incredula, scuoto la testa. Lei, incurante degli sguardi di tutti gli altri clienti, probabilmente disposti a lanciare una botte di acetone sulle nostre mani pur di farci smettere, prosegue:
- Perché io ho messo questo - e sventola le dita con un fuxia imbarazzante - è semi permanente, costa un bè e si vede già la ricrescita. Guarda, si vede? E da qui? - allontana la mano - e da qui? - la mette sotto la cassa, ridendo. 
Ho ringraziato tutti i santi noti e i beati prossimi venturi perché probabilmente c'era abbastanza zucchero nei caffè mattutini di tutti i presenti... 

On the way back home
Quale scusa ritenete più opportuna per infilarmi in un negozio di vendita e manutenzione di registratori di cassa? Me lo sono chiesta tutto il viaggio di ritorno, dopo aver notato il commesso a dir poco splendido sulla porta. Ho pensato di inciampare brutalmente sotto il peso degli acquisti Conad, e magari cadere dritta contro la vetrina, per accertarmi di non sprecare l'occasione, ma è una scusa usurata. Ho pensato di entrare dicendo "i miei conti, non tornano mai" e sperare in un aiuto dal cielo. O di fingermi interessata all'acquisto di un registratore di cassa per tenere il conto delle tasse condominiali, o pervertita per adorare il "ding" di quando si apre la cassa... Nessuna delle motivazioni mi ha convinta, vi dirò, e alla fine ho proseguito il mio km sotto il sole. Eppure, visto che devo tornare alla Conad almeno una volta a settimana e passo davanti al negozio... (si accettano consigli, magari senza conseguenti ricoveri alla neuro).

Fare benzina al Self non è nazional popolare
Non sta né in cielo né in terra (#Portoferro)
La stessa sera dovevo andare all'aeroporto di a Fertilia a prendere la mia adoratissima cuginetta. Come nella migliore delle storie, macchina striata da uccelli armati di notevole mira e un intero erbario sotto i tergi. Insomma, per farla breve, parto in ritardo e in riserva. Mi fermo al solito benzinaio di via Carlo Felice (perché non so come ma, se la benzina è oro puro, da lui costa come l'argento) e incappo in una macchinata di giganti spagnoli. Due metri per uno, a occhio e croce. Aspetto che si impossessino del pistolone e, dopo un breve e sconsolante confronto con la natura, si mettano a riempire la macchina. Invece?!??! Toccano tutti i tasti, senza farsi venire in mente di andare a pagare alla macchinetta.
Cordialmente, glielo spiego in inglese, e questi annuiscono, mi raccontano che sono in vacanza e che sono arrivati a Sassari per una gita. Una gita controcorrente, questo è certo. Intanto il mio ritardo si moltiplica, secondo su secondo, e anche la mia macchina post-striatura scalpita con tutti i suoi 52 cavalli - ronzini, vabbè. Il primo hidalgo continua ad aggirarsi e a scambiarsi messaggi sconsolanti con gli altri tre passeggeri: soldi? Dove? Ma gli euro si usano in Sardegna? Le carte di credito? Rispondo rassicurante, finché, allo spuntare delle terribili 21.30, perdo ogni ritegno, smetto di guardare la mia minigonna e preparo a mettere sotto le scarpe il mio orgoglio femminile per un po' di rispetto verso la puntualità (maschile) che è in me. 
Insomma, loro strabuzzano gli occhi e si consultano dall'alto dei loro 8 metri (2m x 4pirla). Che gli ho chiesto? 
- Datemi i soldi e faccio tutto io.
No, non realizzerò i loro sogni erotici con una pavese esportata, ma semplicemente infilerò con tutta la decisione dell'esperienza quella gran pistolona nella loro macchina e la rifornirò finché sarà piena. Di benzina, s'intende.